TRAMA
Il protagonista è Filippo Rubè, un giovane non ancora trentenne che arriva a Roma dalla provincia siciliana per fare pratica d’avvocato presso uno studio legale. Filippo era dotato di tutte le doti per riuscire nella carriera forense, tipiche di un giovane meridionale e possedeva “una logica da spaccare il capello in quattro, un fuoco oratorio che consumava l’argomentazione avversaria fino all’osso e una certa fiducia d’essere capace di grandi cose“. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Rubè si fa trascinare dalla propaganda interventista dei marinettiani e si convince ad arruolarsi come volontario nel reggimento di artiglieria guidato dal maggiore Berti. Conosce Eugenia, la figlia del maggiore Berti, giovane di una bellezza “lineare come una vergine preraffaellita conciliatrice del sonno e della morte“. L’impatto con la guerra risulta però traumatica per il giovane Filippo che, sconvolto da un breve bombardamento, cade in un forte stato di depressione. Nel frattempo Eugenia aveva raggiunto il padre al fronte come infermiera e Rubè le confida il suo stato e i suoi tormenti. Tra i due giovani inizia una relazione. Il giovane, acausa della depressione di cui soffriva, ottiene un permesso per un mese di convalescenza che trascorre a Calinni, suo paese natale. Trascorso il mese di convalescenza, Filippo ritorna al fronte e, durante uno scontro sugli Altipiani, viene ferito a un polmone. Trascorre una lunga degenza ad Udine e in seguito ritorna a Roma dove ritrova Eugenia che convince a diventare la sua amante. Iniziano un rapporto fatto di attrazione e repulsione, segnato dalla “cupidigia” di Filippo e dell'”inespresso rancore” di Eugenia costretta a squallidi incontri clandestini. Nel frattempo Rubè accetta di recarsi a Parigi in missione, dove conosce Celestina Lambert, la moglie di un generale, che ascolta con comprensione la confessione delle contraddizioni e delle angosce di Filippo ma ne rifiuta le avances. Alla fine della guerra Filippo si trasferisce a Milano, trova un impiego presso un’industria metallurgica e sposa Eugenia. Ma il matrimonio non serve a riavvicinare i due giovani che rimangono completamente incapaci di comprendersi affettivamente. A causa della crisi economica Rubè viene licenziato. Nello stesso tempo riceve dalla moglie la notizia della sua gravidanza e ciò lo fa cadere in una disperata angoscia. A Milano intanto Filippo ritrova un ufficiale conosciuto al fronte, Garlandi, che indossa la camicia nera e si lascia convincere a partecipare ad un’adunanza fascista. Dopo l’adunanza l’amico lo trascina in una bisca, dove Rubè vince una forte somma alla roulette con la quale pensa di concedersi una vacanza a Parigi. Nel viaggio verso Parigi, Filippo fa una sosta a Stresa e ritrova Celestina Lambert che è all’ Isola Bella in villeggiatura. Tra i due esplode una forte passione, ma durante una gita sul lago, a causa di un temporale, la barca si rovescia e Celestina annega.
Filippo viene accusato di omicidio, viene prosciolto in istruttoria ma è smarrito. Ritorna al suo paese ma la notizia della vicenda in cui è incorso si è ormai sparsa, così il giovane riparte senza aver rivisto la madre. Decide di ritornare da Eugenia e le spedisce un telegramma dandole appuntamento alla stazione di Bologna, ma non si incontrano. Così Rubè si mette a gironzolare per Bologna e incappa in una manifestazione socialista. Cercando di sfuggire alla calca della folla raggiunge la testa del corteo ma viene travolto dalla carica di cavalleria della polizia. Lo portano all’ospedale dove muore tra le braccia di Eugenia e la sua memoria verrà rivendicata sia dai socialisti che dai fascisti. I primi lo ricordano come un martire della causa, i secondi per il passato di “glorioso combattente”.
Biografia di G.A. Borgese
Durante l’anno accademico, su pressione del padre che lo voleva avvocato, si iscrive alla facoltà di Legge a Palermo, ma già nel 1900 si trasferisce a Firenze dove, presso l’Istituto di Studi Superiori. A partire dall’anno successivo inizia la collaborazione all’«Archivio per lo studio delle tradizioni popolari» di Pitrè e, di lì a poco, al «Regno» di Corradini e al «Leonardo» di Papini. Tra il 1907 e il 1908, Borgese, in qualità di corrispondente de Il Mattino di Napoli, di cui era caporedattore e poi de La Stampa di Torino, compì un soggiorno di due anni in Germania, – dove conobbe tra l’altro Hauptmann e la musica tedesca -, che gli permise di scrivere articoli e saggi per una cultura italiana allora poco aperta all’esterno. Da questa esperienza nacque il volume La nuova Germania (Milano, 1909), che raccoglieva le corrispondenze pubblicate sui due quotidiani; sempre nel 1909, dette alle stampe, a Napoli, il saggio Gabriele D’Annunzio. Ancora in questo anno, capitò per caso a Messina, proprio il giorno successivo al terremoto di cui diede annuncio per primo tramite un articolo per «Il Mattino» di Napoli. Sono questi gli anni in cui Borgese viene affermandosi come il punto di riferimento forse più significativo, in Italia, per la “critica militante”. Nel 1912 iniziò la collaborazione al Corriere della sera che, con incarichi e forme collaborative diverse, avrebbe mantenuto fino alla morte. Sono questi però anche gli anni in cui si consuma l’irrimediabile rottura con Benedetto Croce. In questo arco di tempo, si collocano due fra i più rappresentativi contributi saggistici di Borgese: le tre serie di La Vita e il Libro (Milano, 1910, 1911, 1913) e Studi di letterature moderne (Milano, 1915), oltre alle due riviste da lui fondate: «La Nuova Cultura» e «Il Conciliatore». La sua intensa attività intellettuale ebbe modo di concentrarsi anche sul primo conflitto mondiale, cui Borgese andò incontro da acceso interventista: Italia e Germania (Milano, 1915); Guerra di redenzione (Milano, 1915); La guerra delle idee (Milano, 1916); L’Italia e la nuova alleanza (Milano, 1917). Durante la guerra, svolse anche delicate e complesse missioni diplomatiche. Nel 1918, a Roma, Borgese ideò il “Congresso delle nazionalità oppresse dall’Austria-Ungheria”, che venne a costituire, di fatto, una diversa piattaforma per le trattative di pace anche in relazione alla nascita di un futuro stato jugoslavo. Le vicende inerenti questa esplicita fase politica sarebbero poi risultate determinanti per la successiva scelta antifascista e tutte le conseguenze che ne derivarono. All’inizio degli anni Venti, a causa della strenua difesa degli ideali etico-politici che Borgese aveva sempre propugnato venne estromesso dall’ambito della progettualità editoriale del quotidiano milanese, relativamente all’impostazione di questo in politica estera. Confermato nell’insegnamento accademico alla cattedra di estetica e storia della critica, appositamente per lui creata presso l’Università di Milano, si defilò progressivamente dalla vita politica, amareggiato e deluso dalla situazione complessiva che si era venuta a creare, dedicandosi sempre più a un’intima riflessione morale e artistica sulle vicende storico-politiche. Il frutto più immediato di questo periodo, marcatamente introspettivo, fu il romanzo Rubè (Milano, 1921), destinato poi a diventare uno dei contributi più significativi nella storia della narrativa italiana contemporanea, cui fecero seguito le Poesie (Milano, 1922) e un altro romanzo I vivi e i morti (Milano, 1923). La produzione artistica di Borgese si arricchì di numerosi altri titoli, fra romanzi, racconti, drammi teatrali, prose di viaggio. Il 1931 costituisce il punto di svolta della vita di Borgese. Nel luglio di questo anno, a 48 anni, si imbarca alla volta degli Stati Uniti.. Quello che nelle intenzioni iniziali avrebbe dovuto essere solo un soggiorno accademico si trasformò invece in un volontario esilio, durato fino a guerra conclusa, per il rifiuto opposto all’ingiunzione di prestare il giuramento fascista, in qualità di docente universitario. Nel 1938 ottiene la cittadinanza americana . Nel 1948 rientrò per un breve periodo in Italia e il 13 settembre 1949, dopo 18 anni di assenza, risalì sulla sua vecchia cattedra di estetica all’Università di Milano. Morì improvvisamente a Fiesole, dove si era stabilito. Il Senato della Repubblica, nella seduta del 5 dicembre, ne ricorderà la persona e l’opera. In una lapide apposta nel centenario della nascita nel Comune di Polizzi, è scolpito: A GIUSEPPE ANTONIO BORGESE – POETA, NARRATORE, CRITICO E POLITICO CHE VOLLE L’UNITA’ DELL’ARTE E DEL MONDO. Nel (2002) nasce la Fondazione “G.A. Borgese” a lui dedicata opera per realizzare una più ampia conoscenza, promozione, valorizzazione e diffusione della sua opera artistica, letteraria, critica, giornalistica e politica.